sabato 14 maggio 2011

Namascar e il mercante di pietre...

Qui alle Comore esiste un unico operatore telefonico(HURI) che sembra non abbia nessuna forma di roaming possibile con gli operatori italiani pertanto l’unico modo che ho vuto per poter comunicare con l’Italia e’ stato attivare una sim locale. La parte divertente riguarda la ricarica della scheda. Qui non esistono i negozi di telefonia o i tabaccai dove puoi acquistare la ricarica, e nemmeno credo sia possibile una ricarica via internet. O vai in uno dei punti del ministero delle telecomunicazioni ad acquistare una tessera per ricaricare il credito oppure vai in un qualunque negozio e chiedi se ti possono ricaricare il cellulare. Infatti qui alle Comore esiste la possibilita’ di poter trasferire una parte del proprio credito ad un altro cellulare.

Poco dopo il mio arrivo ho trovato il mio punto di ricarica settimanale. E’ un grande negozio, situato in una delle piazze principali del paese vicino ad una grande moschea bianca. Mi colpi’ subito per le sue vetrine (pochi negozi hanno i vetri, al massimo delle inferriate), l’ordine con cui veniva esposta la merce ma soprattuto per una grande immagine di Ganesha (il dio elefante induista) che torreggiava sopra lo stipite della porta. Incuriosito entrai e subito feci un piccolo inchino a mani giunte verso il padrone del negozio pronunciando “Namascar”; perche’ il proprietario del negozio e’ indiano ed e’ un mercante di pietre…

“Namascar” e’ un bellissimo saluto indiano con un profondo significato spirituale. Secondo la religione induista quando nasciamo la nostra anima possiede l’”Atman”, o soffio vitale che in realta’ e’ molto di piu’: e’ una scintilla dell’infinito che fluisce dentro di noi. Quando due anime si incontrano si salutano con “Namascar” che significa “saluto il divino che e’ dentro di te”. Resto sempre piacevolmente sorpreso dai modi profondi ed intensi che hanno altre culture per salutarsi, soprattutto se confrontati con il nostro asettico buongiorno…

Oramai sono una presenza abituale nel suo negozio. E’ un omone grande e grosso, e veste sempre in modo molto elegante ma all’occidentale; e’ arrivato qui anni fa Delhi assieme a sua moglie che indossa sempre con straordinaria eleganza il “Sari” con svariati gioielli (orecchini, bracciali, cavigliere) finemente cesellati. Quando arrivo spesso facciamo due chiacchiere e quando gli ho chiesto se vendeva gioielli anche in India lui mi ha spiegato che la sua famiglia commercia in pietre da generazioni e lui non e’ un gioielliere, mestiere onorevole, ma che sa troppo di bottegaio, di commerciante, non di intenditore. Lui infatti mi guarda con una punta di malcelato orgoglio mentre mi corregge e mi dice che lui, come suo padre, e suo padre prima di lui, e’ un mercante di pietre. Noto infatti un libro sulla sua scrivania vicino ad una scultura in oro di Khrisna; sulla copertina non c’e’ nessun titolo, ma sfogliandolo capisco tutto. E’ un catalogo di pietre preziose, alcune con valore decisamente elevato (parliamo di decine di migliaia di dollari).

Volevo chiedergli se qualcuno viene qui e compra quelle pietre, dato che siamo in un paese poverissimo ma la risposta e’ arrivata la settimana successiva. Mentre entravo nel negozio ho visto parcheggiata vicino alla piazza una mercedes con vetri oscurati. Quando sono entrato c’era solo sua moglie che e’ andata nel retro bottega a chiamare suo marito. Dopo l’acquisto del credito per il cellulare si e’ scusato perche’ non poteva trattenersi, aveva un cliente molto importante. Ho intuito che fosse qualcuno che voleva acquistare una delle pietre preziose che avevo visto nel suo catalogo. Ho detto che non c’era nessun problema e mi sono inchinato a mani giunte verso il mercante di pietre e abbiamo pronunciato assieme “Namascar”…

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